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28 Dicembre 2022

Pesticidi, attenzione a quello che mangiamo

Pesticidi, attenzione a quello che mangiamo

Legambiente: solo il 54,8% degli alimenti analizzati per il dossier annuale non contiene residui di pesticidi. Nel 44,1% dei casi sono state rinvenute tracce di uno o più fitofarmaci.

 

AGIPRESS – Anche quest’anno, è stato presentato “Stop pesticidi nel piatto”, il rapporto preparato da Legambiente in collaborazione con Alce Nero, società leader nel settore dell’agricoltura biologica. Nel report si analizza la quantità di fitofarmaci (pesticidi usati per la difesa delle colture vegetali da piante infestanti, oppure dai parassiti o dalle malattie) presenti negli alimenti che ogni giorno arrivano sulle tavole degli italiani. Al centro della ricerca 4.313 campioni di alimenti di origine vegetale e animale, inclusi i prodotti provenienti da apicoltura di origine italiana ed estera, analizzati nel 2021. I dati che emergono non sono per niente rassicuranti: soltanto il 54,8% dei campioni analizzati risulta senza residui di pesticidi, in calo rispetto al 63% dello scorso anno; nel 44,1% dei casi sono state trovate tracce di uno o più fitofarmaci, mentre l’1% dei campioni risulta irregolare, presenta dunque, principi attivi che superano le soglie concesse.

IL MULTIRESIDUO – Quando si parla di rischio alimentare derivato dalla presenza di pesticidi, eÌ€ fondamentale tener conto del multiresiduo, ovvero la presenza di più residui di sostanze nocive nello stesso campione; ad oggi sembra essere più frequente del monoresiduo e se non supera i limiti massimi consentiti non viene considerato non conformi, ma ha gravi effetti per la salute umana, addirittura sinergici tra loro e diversi in base alla struttura chimica della sostanza. Nella categoria vino, dai risultati ottenuti, si evidenzia come, il multiresiduo sia presente con il 42,7%. Fra le sostanze attive più spesso riscontrate ci sono: Metalaxyl (12,2%), Dimetomorf (11%), e Fenhexamid (8,9%) contando anche più di 50 tipologie differenti di fitofarmaci. Per quanto riguarda il miele, nella maggior parte dei campioni non sono stati riscontrati residui (67,5%). Due campioni sono, invece, risultati irregolari a causa del superamento del limite. Oltre ai più frequenti pesticidi, fra cui l’erbicida Glifosato e l’Amitraz compaiono anche due neonicotinoidi: Thiacloprid (soppresso dal mercato poiché classificato come interferente endocrino) e Acetamipridancora, ancora permesso ma i cui effetti producono pesanti ripercussioni sullo stato fisico delle api. A destare preoccupazione, inoltre, c’è proprio il fatto che alcuni dei fitofarmaci trovati sono stati revocati dal mercato dal 2020, sono state infatti, riscontrate addirittura tracce di DDT in 2 campioni di derivazione animale (cavallo e bovino), nonostante sia vietato da oltre quarant’anni.

AGROECOLOGIA – “Dall’analisi dei dati rilevati emerge chiaramente la necessità di intraprendere la strada dell’agroecologia con ancora più determinazione, mettendo in atto, in maniera convinta e senza tentennamenti, quanto stabilito dalle direttive europee Farm to fork e Biodiversity 2030. Con l’approvazione della legge sul bio indubbiamente è stato fatto un importante passo in avanti. Adesso, serve passare dalla teoria alla pratica, affinché quel traguardo non risulti solo una bandierina ma un patrimonio per l’intero settore. Servono, quindi, meccanismi incentivanti attraverso cui dare gambe e fiato alla transizione, a partire dalla messa a disposizione di risorse. Serve, inoltre, che vengano applicate in maniera stringente le norme, stando alla larga da eventuali ipotesi di deroghe all’utilizzo di specifici fitofarmaci, come purtroppo sta avvenendo con il Glifosato. È, inoltre, di fondamentale importanza approvare il regolamento per l’utilizzo dei fitofarmaci (SUR) presentato lo scorso 22 giugno dalla Commissione europea e che prevede obiettivi di riduzione dell’uso dei pesticidi legalmente vincolanti per gli Stati membri, a oggi a rischio a causa di continue richieste di rinvii da parte di alcuni Paesi, tra cui l’Italia. Occorre infine aumentare significativamente le aree coltivate a biologico che rappresentano un metodo efficace di ridurre gli input negativi in agricoltura”, dichiara Angelo Gentili, responsabile agricoltura di Legambiente.

FRUTTA A RISCHIO – Anche quest’anno la frutta resta la categoria più colpita: oltre il 70% dei campioni contiene uno o più residui. Per la verdura invece, va un po’ meglio e raggiunge quota 33%. Il 65,5% dei campioni analizzati risulta senza residui. I prodotti più contaminati sono l’uva da tavola (88,3%), le pere (91,6%) e i peperoni (60,6%). Ai peperoni fanno seguito i pomodori con 55% di campioni con almeno un pesticida. 90 le sostanze attive rintracciate, tra cui un campione di uva con 14 residui, uno di pere con 12 residui, uno di peperoni con 10 residui. Dai dati, risulta campionata una fragola proveniente dall’Unione europea con addirittura ben 35 residui differenti. Acetamiprid, Boscalid, Fludioxonil, Azoxystrobina, Tubeconazolo e Fluopyram sono i pesticidi riscontrati più frequentemente. Tra gli alimenti trasformati, il vino e i cereali integrali sono quelli con le maggiori percentuali di residui permessi, contando rispettivamente circa il 61,8% e il 77,7%.

Erika Marrone, Direttrice Qualità , Ricerca & Sviluppo, Filiere di Alce Nero, afferma: “Anche per i consumatori è sempre più chiaro il legame esistente tra agricoltura, cibo e salute dell’ambiente e delle persone. L’agricoltura modella non solo il nostro paesaggio e la nostra economia, ma anche le nostre comunità ed è onnipresente nelle nostre vite. Proprio per questo ci aiuta a pensare in modo più consapevole a quanto sia cruciale oggi la transizione a modelli produttivi alternativi; tra questi l’agricoltura biologica e le diverse forme di agro-ecologia costituiscono oggi una risposta concreta e scientifica non solo alla questione climatica ma anche alla mitigazione dei rischi per la salute dei consumatori derivanti, soprattutto, dell’esposizione cronica alle molecole chimiche capaci di alterare tanto gli ecosistemi quanto gli equilibri del nostro organismo fin dalla vita intra-uterina. I traguardi fissati dalla strategia Farm To Fork e la nuova legge sul Biologico sono segnali importanti ma non sufficienti ad agire un reale cambiamento; da un lato sono le istituzioni a dover creare le condizioni abilitanti ma, dall’altro, abbiamo bisogno come imprese di creare alleanze non solo di filiera ma sempre più orizzontali e trasversali”. AGIPRESS

di Francesca Danilo Toscano

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