DIRETTORE RESPONSABILE FRANCESCO CARRASSI

14 Novembre 2013

SALUTE – Focus su Ictus cerebrale

Dott. Gino Volpi: “In Italia 200.000 persone ogni anno, necessaria più informazione alla popolazione sui sintomi premonitori”

AGIPRESS – FIRENZE – L’Ictus causa ogni anno più morti di quelli attribuiti all’AIDS, tubercolosi e malaria messi insieme: l’ictus cerebrale, ogni anno, nel mondo, colpisce 15 milioni di persone, e di queste quasi 6 milioni muoiono. È la terza causa di morte a livello mondiale e, solo in Italia, interessa 200.000 persone ogni anno: di questi, il 20-30% muore il 40% rimane disabile il 10 % ha una recidiva entro l’anno.

FATTORI DI RISCHIO – Uno dei maggiori fattori di rischio è la fibrillazione atriale, anomalia del ritmo cardiaco più comune al mondo e colpisce 1 ultracinquantacinquenne su 4. La fibrillazione atriale è un’anomalia del ritmo cardiaco, la cui frequenza aumenta sempre di più con l’aumentare dell’età . In Italia si calcola che i soggetti con fibrillazione atriale siano più di 500.000, con circa 60.000 nuovi casi ogni anno. La sua incidenza è di circa lo 0,5% nella popolazione intorno ai 50 anni ma aumenta fino al 10% nei soggetti con più di 65 anni. La fibrillazione atriale aumenta da 3 a 5 volte il rischio di ictus (di cui è la prima causa) ed è responsabile del 20% di tutti gli ictus che rappresentano la terza causa di morte, la principale causa d’invalidità e la seconda causa di demenza nella popolazione. L’individuazione della fibrillazione atriale in uno stadio iniziale permette un efficace trattamento del paziente prevenendo possibili complicanze ma essendo spesso asintomatica è difficile individuarla precocemente.

Con la prevenzione ed una accurata diagnosi si possono evitare 3 ictus su 4 causati da fibrillazione atriale.

Conoscere l’ictus cerebrale non serve solo a prevenirlo, ma anche a curarlo poiché saper riconoscere precocemente i sintomi è di cruciale importanza per un un intervento tempestivo in caso di attacco. L’assistenza del 118 e il trasporto immediato in una Stroke Unit (centro ospedaliero specializzato nel riconoscimento e nella cura dell’ictus cerebrale) rappresentano gli elementi essenziali per affrontare l’emergenza. Le Stroke Unit sono, infatti, strutture attrezzate per offrire le cure ottimali ad un paziente colpito da ictus cerebrale, che, grazie all’intervento di equipe adeguatamente formate riducono notevolmente le complicazioni legate ad un ictus, permettendo, inoltre, un risparmio economico sui costi pari al 20%. Considerando che in Italia il costo dell’assistenza sanitaria si traduce in 3.7 miliardi di euro l’anno ( senza contare i costi indiretti legati alla perdita di lavoro del paziente e del care-giver), una diagnosi precoce dell’ictus e una cura adeguata permetterebbe al Sistema Sanitario Nazionale di risparmiare circa 740 milioni di Euro all’anno. In Italia, nonostante il numero di Stroke Unit sia più che raddoppiato negli ultimi quattro anni, la situazione non è omogenea: su 141 Stroke Unit, 95 sono al Nord e solo 15 al Sud, non garantendo a tutti i cittadini l’ accesso allo stesso tipo di cure su tutto il territorio nazionale.

I dati dell’indagine CENSIS, ” Costi sociali dei malati di ictus cerebrale” svolta dalle sedi regionali di A.L.I.Ce. e dai loro volontari, con il coordinamento del Dipartimento di Scienze Neurologiche e Psichiatriche dell’Università di Firenze e di A.L.I.Ce. Italia onlus evidenzia quanto sia importante il peso dell’ictus sul caregiver ( 70% dei costi non a carico del SSN).

IL FENOMENO IN ITALIA – L’ICTUS non è soltanto una malattia dell’anziano. Dei 200.000 nuovi casi di ICTUS che si verificano ogni anno nel nostro Paese, circa 4.200 riguardano soggetti con età inferiore ai 45 anni. Dunque anche i giovani possono essere a rischio di ICTUS, soprattutto per cardiopatie emboligene (tra cui il forame ovale pervio) o anomalie di tipo genetico e malformativo per non menzionare poi gli stili di vita sbagliati, come l’uso di sostanze stupefacenti ad azione eccitante sul sistema nervoso come la cocaina ( picchi improvvisi di ipertensione arteriosa e quindi emorragie cerebrali), l’abuso di alcool, il fumo, la vita sedentaria, una alimentazione non equilibrata.

E’ noto come le donne abbiano,fino alla menopausa, un rischio di ictus minore rispetto all’uomo a causa dell’effetto protettivo degli ormoni sessuali femminili. Negli ultimi anni vi e stata molta discussione sul ruolo della assunzione di estrogeni sotto forma di contraccettivi orali e di terapia ormonale sostitutiva dopo la menopausa. Al riguardo si può affermare sinteticamente che: 1) il rischio di ictus nella donna in età riproduttiva che assume contraccettivi orali è molto basso ma che tale rischio aumenta nelle donne con età maggiore di 35 anni, fumatrici e con ipertensione arteriosa e se vengono utilizzati contraccettivi orali a maggior contenuto di estrogeni, 2) la terapia ormonale sostitutiva post menopausale, contrariamente a quanto si pensava alcuni anni fa, non ha un effetto protettivo sul rischio di ictus e di altre malattie vascolari ma può addirittura avere un effetto peggiorativo. E’ importante pertanto che tali terapie vengano personalizzate valutando il profilo complessivo di rischio della donna che li deve assumere.

“L’ASSOCIAZIONE ALICE Onlus ALICE – spiega il Dott. *Gino Volpi – è presente da oltre 10 anni a Pistoia ed attua iniziative culturali e di educazione sanitaria rivolte alla popolazione ricorrendo sia all’autofinanziamento attraverso le quote sociali dei propri associati, sia attraverso sponsorizzazioni e patrocini da parte di aziende pubbliche e private. Per lottare contro questa vera e propria piaga sociale ALICE organizza dal 2004 corsi annuali di informazione alla popolazione e di addestramento per i volontari dei mezzi di soccorso che intervengono per primi in caso di pazienti colpiti da ictus. Ci siamo particolarmente impegnati ad istruire i pazienti a rischio, la popolazione in generale e soprattutto il personale dei mezzi di soccorso a riconoscere prontamente i primi sintomi della malattia in modo che il paziente possa giungere in ospedale nel più breve tempo possibile. Purtroppo sono ancora troppo pochi i pazienti che arrivano entro le 3 ore in pronto soccorso cosଠda poter essere sottoposti a trattamento con trombolisi venosa, una terapia che, se eseguita precocemente, è in grado di far regredire l’ictus o limitarne i danni. Il recente ampliamento della finestra terapeutica a 4.5 ore offre l’opportunità di poter trattare una quota più ampia di ictus ischemici. Particolare importanza in questa emergenza assume quindi l’informazione alla popolazione che è abituata a correre in pronto soccorso per un dolore al petto (quindi vi è una adeguata cultura sul rischio di infarto del miocardio) mentre ritarda nel dare l’allarme in caso di sintomi premonitori di ictus pregiudicando la possibilità di intervento una volta giunti in ospedale. I dati del 2008-2012 su trombolisi a Pistoia evidenziano che solo il 20% circa dei pazienti con ictus giungono entro tre ore in ospedale e di questi solo il 20% viene sottoposto a trombolisi per esclusione soprattutto dei troppo lievi, remissione dei sintomi, ritardo.

INFORMAZIONE – In questa ottica la nuova frontiera è rappresentata appunto dall’informazione alla popolazione per cui ALICE si è impegnata nella stesura di opuscoli per i bambini delle scuole elementari e medie e ne ha dato larga diffusione nella provincia sul modello nordamericano delle campagne informative che hanno inteso sfruttare la grande recettività , curiosità , attenzione dei bambini ai fenomeni inconsueti. I bimbi diventano quindi i protagonisti della lotta all’ictus, veri “difensori del cervello” con la loro capacità di notare ciò che è insolito non essendo distolti come gli adulti dai mille problemi della vita quotidiana, apprendono e trasferiscono l’informazione con rapidità ai familiari ed agli amici amplificando la conoscenza sui sintomi premonitori e sulla necessità di chiamare tempestivamente il 118. (*Neurologo, referente malattie cerebrovascolari e presidente Associazione Alice Onlus – Direttore FF Neurologia aziendale Asl 3 Pistoia)

Agipress

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