AGIPRESS – ROMA – La lombosciatalgia costituisce un disturbo altamente invalidante nella popolazione adulta tra i 30 e i 50 anni, e rappresenta la prima causa di assenza dal lavoro. Si tratta a tutti gli effetti di una malattia sociale, sia per l’incidenza (colpisce il 40% degli italiani adulti), sia per l’impatto socioeconomico che coinvolge la dimensione della salute, del lavoro, delle relazioni, della qualità della vita. Il Sistema Sanitario è chiamato in causa per le azioni di prevenzione e di cura, rispetto alle quali si pone la questione della spesa pubblica. Il tema è stato affrontato alla Camera dei deputati con il convegno “Lombosciatalgia: emergenza globale” a cura dell’Associazione Nazionale Garante Giustizia e Sanità (ANGGS) e promosso dal neurochirurgo di fama internazionale Alberto Alexandre, fondatore e direttore sanitario di EU.N.I – European Neurosurgical Institute di Treviso, nonché referente per il Nord Est della società scientifica SIMCRI.
La giornata di lavori ha visto il confronto con i rappresentanti del Ministero della Salute e del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. In particolare, sono state condivise con i rappresentanti ministeriali le esperienze positive condotte all’ospedale di Lodi e nella struttura di Villa Erbosa a Bologna, collegata con l’Istituto ortopedico Rizzoli. La corposa casistica, raccolta nell’arco di una ventina d’anni, è stata pubblicata dalla rivista scientifica ACTA Neurochirurgica e ora consegnata al Capo del Dipartimento per la Prevenzione del Ministero della Salute. All’ospedale di Lodi, il dottor Alexandre, insieme al gruppo di lavoro, ha infatti sviluppato un modello pubblico per la gestione di reparto specifico altamente innovativo, dimostrando una consistente riduzione (pari al 15%) dei pazienti con patologia della colonna indirizzati a chirurgia demolitiva maggiore, grazie a nuovi approcci conservativi.
«Questo risultato è stato raggiunto implementando il filtro dato dall’accuratezza della diagnosi, da cui dipende l’appropriatezza della cura, per poi andare a individuare il trattamento più efficace ma meno invasivo per affrontare la patologia del paziente. Come in un puzzle, dove tutto deve quadrare alla perfezione: la presa in carico del paziente, la visita, la corretta composizione degli esami diagnostici e di funzione; quindi, la risposta clinica» evidenzia il dottor Alberto Alexandre.
Nel reparto di Lodi il dottor Alexandre, in collaborazione con il professor Piergiorgio Spaggiari, ha quindi incrementato il ricorso ai trattamenti più moderni e minimamente invasivi, quali la neurolisi endoscopica e l’ozonoterapia, che hanno restituito benessere a persone sofferenti consentendone il reintegro lavorativo. La chirurgia demolitiva maggiore è stata invece adottata per un gruppo più ristretto di casi gravi, per i quali essa era l’unica strada possibile e sulla quale ha relazionato il professor Massimiliano Visocchi del Gemelli. Il “modello-Lodi” è stato applicato con successo anche a Villa Erbosa.
«In generale, il risparmio che si è ottenuto è stato considerevole, sia sul recupero della validità fisica delle persone, sia sul versante non trascurabile dell’erogazione delle cure e quindi della spesa sanitaria» afferma il neurochirurgo Alexandre. Un modello di riferimento che viene ora condiviso con le parti ministeriali e per poter essere potenzialmente esportato in tutto il nostro Paese, arrivando a una migliore razionalizzazione dei Drg (Gruppi di Diagnosi Correlati) per ottimizzare la gestione e i costi sanitari legati alle patologie della colonna.
Altro nodo cruciale è dato dalla prevenzione, tema caro alle politiche attuali, perché rappresenta un’altra leva di riduzione della spesa sanitaria andando a circoscrivere i motivi che provocano l’insorgenza delle malattie, a tutto vantaggio del cittadino. Argomento che ha visto al convegno il prezioso intervento del professor Giorgio Calabrese, presidente del Comitato Nazionale Sicurezza Alimentare del Ministero della Salute che si è soffermato sull’importanza della corretta alimentazione e l’impiego degli integratori nella dieta a supporto delle cure convenzionali.
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