Per oltre 6.000 malati rari, nuove prospettive di cura per una presa in carico globale
AGIPRESS – MILANO – Ognuno di noi compie 15-20 respiri al minuto, cioè 21.000-28.000 volte in un giorno. Il respiro è per molti un gesto scontato. Per le persone affette da Fibrosi Polmonare Idiopatica (IPF), una malattia rara e progressiva del polmone, che in Italia riguarda circa 6000 “ 9000 adulti, ogni respiro, invece, è una conquista. Fino a pochi anni fa la loro malattia era misconosciuta, le diagnosi poche e tardive, l’unica speranza di arrestare questo male affidata al difficile traguardo del trapianto: erano pazienti orfani.
La diagnosi è certamente il primo fondamentale passo perché il paziente possa cominciare un percorso terapeutico adeguato, soprattutto ora che sono disponibili farmaci utilizzabili se presi prima che il danno sia troppo grave.
“Diagnosticare questa malattia il prima possibile è davvero fondamentale. Prima abbiamo una diagnosi, più sono le opzioni di trattamento che possiamo offrire ai pazienti “ ha spiegato infatti il prof. Carlo Albera, Responsabile dell’ambulatorio per le interstiziopatie Polmonari e Malattie Rare del Polmone dell’ Università degli Studi di Torino – Esbriet® (pirfenidone), come sappiamo, è stato approvato per le forme di IPF lievi e moderate, per pazienti dunque che hanno ancora una qualità di vita discreta. Il farmaco può essere somministrato anche a pazienti in lista d’attesa per il trapianto, Purchè nei criteri di indicazione. Ricordiamo però che il trapianto viene eseguito in meno del 5% dei casi, perché il limite biologico oltre al quale i rischi superano i benefici è di circa 65 anni, esattamente l’età media della diagnosi IPF. Il pirfenidone rappresenta dunque una possibilità anche per tutti quei pazienti che non possono essere in lista d’attesa per il trapianto”.Dal momento in cui un paziente, dopo aver avuto la diagnosi, entra in terapia si avvia una nuova fase, quella in cui è necessario supportarlo dal punto di vista medico e anche psicologico nella sua quotidianità . “Al momento uno dei problemi maggiori “ ha spiegato infatti il prof. Poletti – è l’interruzione della continuità terapeutica, cioè quei pazienti di cui non sappiamo più nulla e che non si presentano alle visite successive. La regolarità dei controlli è importante. Solo mantenendo un contatto costante tra il paziente e lo specialista si può ridurre questo problema”.
Per aiutare i pazienti anche in questo ,nel momento in cui entrano in terapia, è nato il secondo progetto supportato da InterMune, l’IPF CARE, un programma di assistenza domiciliare che mette a disposizione del paziente e delle famiglie infermieri formati per affrontare le difficoltà che questa patologia pone in essere.
“Questo progetto prevede che lo specialista, l’infermiere e la famiglia si confrontino per creare un programma personalizzato “ ha spiegato il Prof. Luca Richeldi del Dipartimento per le Malattie Rare del Polmone Università di Modena – Questo tipo di intervento è efficace solo se costruito intorno al paziente e al suo nucleo familiare. Il ruolo dell’infermiere sarà quello di interfacciarsi con il paziente e con il medico, a cui potrà riferire tempestivamente eventuali difficoltà . Non meno importante, però, è il supporto umano che il paziente e la famiglia ricevono. La IPF è certamente una malattia grave dal punto di vista fisico ma le sue ripercussioni psicologiche non sono da meno. Nella maggior parte dei casi si tratta di persone che sono alla fine della loro vita lavorativa o che sono appena andate in pensione. Aspettano da anni quel momento e quando arriva si trovano a dover rivedere i loro piani. Chi pensava di poter dare una mano nel gestire i nipoti si trova ad ˜essere un peso’ per i figli. È per tutti questi aspetti che la persona con IPF ha bisogno di un’assistenza che tenga in dovuta considerazione anche il carico psicologico ed emotivo”
La FIBROSI POLMONARE IDIOPATICA
La fibrosi polmonare idiopatica (IPF) è una rara malattia irreversibile con esito fatale, caratterizzata da una progressiva cicatrizzazione (fibrosi) dei polmoni, che altera la capacità di scambio gassoso. L’IPF porta inevitabilmente al peggioramento della funzionalità polmonare, alla mancanza di fiato e alla graduale incapacità di svolgere le normali attività quotidiane.
L’IPF può avere un decorso diverso in ogni paziente, al punto che non è possibile prevederne la progressione. Il tempo mediano di sopravvivenza dalla diagnosi è di 2-5 anni, con un tasso di sopravvivenza a cinque anni di circa il 20-40%, il che rende la IPF più rapidamente letale di molti tipi di cancro, compresi il tumore della mammella, dell’ovaio e del colon-retto. La IPF si presenta in genere in pazienti di età superiore ai 50 anni, ed è più comune negli uomini che nelle donne.
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