Sanità digitale: da Fondazione Italia in Salute l'appello a utilizzare fondi Recovery per introdurre la digitalizzazione nei livelli essenziali di assistenza
- Scritto da Davide Lacangellera
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Preoccupazione sul rischio di perdere questa opportunità tra gli scontri della politica.
(AGIPRESS) - Le competenze digitali e la loro corretta applicazione potrebbero fare la differenza anche in ambito sanitario, in particolar modo con una pandemia in corso da affrontare. “E’ necessario attivare un piano di comunicazione sulla sanità digitale e introdurre la digitalizzazione nei livelli essenziali di assistenza in modo che tutte le Regioni italiane possano adeguarsi uniformemente”, è l’appello della responsabile del Programma di Ricerca della Fondazione Italia in Salute, Fidelia Cascini, esperta di sanità digitale, ricercatrice dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e specialista in Medicina Legale e in Statistica e Programmazione Sanitaria. “Con il Recovery Plan, meglio detto Next Generation - arriveranno i fondi necessari per investire in questo ambito, garantire l’innovazione del sistema e l’adeguamento. Possiamo farlo, ma il rischio di disperdere questa opportunità tra le deviazioni e gli scontri della politica è altissimo e sarebbe un’altra occasione persa”.
“Nella gestione di una pandemia, la tecnologia fa la differenza. Basta guardare la Cina”, continua la professoressa Cascini. Il colosso dell’Oriente ha affrontato l’emergenza Covid-19 mettendo in campo, tra l’altro “tecnologie di posizionamento per guidare gli interventi di soccorso e la pianificazione dei trasporti, robot per spruzzare disinfettanti e testare la temperatura corporea delle persone ovunque, per preparare pasti e distribuire cibo negli ospedali, nonché droni per trasportare piccole apparecchiature mediche e i campioni biologici dei pazienti”. C’è sempre una “sana via di mezzo”, ma il confronto con l’Italia è impietoso: “L’Italia è stata colta impreparata anche da una app di contact tracing che non è stata ancora connessa digitalmente con i servizi di prevenzione regionali, a supporto dei quali è stata progettata”. E le vaccinazioni interne proseguono: secondo la Bloomberg World Map of Vaccine Contracts, la Cina ha già coperto il 16% della sua popolazione e la sua capacità interna di produzione è stimata in 1,4 miliardi di dosi all’anno. Ne ha già somministrate 4,5 milioni. “Noi resteremo a guardare tutto questo - conclude la dottoressa Fidelia Cascini - impassibili e paralizzati da misere lotte intestine. Così, mentre i nostri politici si guardano l’ombelico, il mondo corre da tutt’altra parte, verso Oriente. Chissà che ne sarà dei nostri valori occidentali”. AGIPRESS
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